“Il sangue di Dodó era innocente come quello di Gesù”, è questo uno dei passaggi più significativi dell’omelia di don Giuseppe Noce, parroco della chiesa del Santissimo Salvatore di Fondo Gesú che questa mattina ha celebrato la messa per il sesto anniversario della morte di Domenico Gabriele. Dodó fu ferito da colpi di luoara alla testa la sera del 25 giugno 2009 mentre giocava a calcetto in campo di contrada Margherita a nord di Crotone. Il bambino di nemmeno undici anni morí il 20 settembre successivo all’ospedale di Catanzaro senza mai aver ripreso conoscenza. In chiesa c’erano i genitori di Dodó, Francesca Anastasio e Giovanni Gabriele, autoritá civili e militari, i rappresentanti di tante associazioni, di Libera, gli alunni e i docenti della scuola Pizzuta-Ises, quella frequentata da Dodó, e del Benedetto XIV. Da Lamezia Terme è arrivato anche Rocco Mangiardi, il “cittadino responsabile” come ama definirsi, che ha denunciato la ‘ndrangheta lametina e che ormai è diventato un membro della famiglia Gabriele. È sempre doloroso e difficile il ricordo della morte di un bambino di 11 anni ucciso mentre rincorre un pallone in una città che tropo spesso si gira dall’altra parte ed è lontana anni luce anche solo da una parvenza di legalità. Una città che passato lo sdegno iniziale ha dimenticato in fretta che quel bambino è figlio di tutti, crotonesi e italiani, e che la lotta alla ‘ndrangheta non puó essere lasciata solo alle forze dell’ordine, ma è una guerra culturale che va combattuta da tutte le persone civili. E lo ha ricordato anche don Giuseppe Noce nella sua omelia rivolgendosi soprattutto ai bambini della scuola elementare, parlando loro di mafia e di illegalità. Per la strage del campetto di Margherita ( insieme a Dodò morí il vero bersaglio dei killer, Gabriele Marrazzo, e furono ferite altre otto persone), due giovani sono stati condannati all’ergastolo in via definitiva.
Crotone,
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