In questi giorni riflettevo sulla triste sorte che tocca a questa città destinata probabilmente ad implodere quanto prima.
Riflettevo su quanta gente sento ogni giorno lamentarsi della politica crotonese, della politica in generale.
Lamentele su lamentele, su lamentele.
Poi ti guardi intorno, ti giri e ti accorgi di quanto gattopardesca sia la situazione crotonese: cambiare tutto per non cambiare niente.
Infatti, basta guardare con occhio nemmeno tanto attento e ci si rende conto che da 30 anni, ai posti che contano, ci sono sempre le stesse persone. E se non ci sono loro ci sono i figli, le mogli o qualche parente diretto o acquisito.
Da 30 anni sempre nelle stesse mani, nelle mani di gente che non ha fatto nessun colpo di Stato, è stata votata (in alcuni casi), oppure sistemata in postazioni strategiche.
E allora mi viene da chiedermi e da chiedere: di cosa dobbiamo lamentarci?
Se Crotone è ridotta in queste condizioni, con chi vogliamo prendercela se non con noi stessi?
Se in 30 anni non siamo stati capaci di cambiare le classi dirigenti di questa città, cosa ci si aspettava di diverso?
Guardatevi intorno e noterete che da 30 anni ci sono gli stessi cognomi, a volte gli stessi volti. Quegli stessi cognomi che hanno depredato culturalmente (e non solo) questo territorio. E allora? Lamentarsi non basta, non più. Chi ha ancora voglia e pensa di poter salvare Crotone per restituirla alla sua gloriosa storia, o solo per regalare una possibilità ai tanti giovani, ha il dovere di sporcarsi le mani e di mandare a casa una volta per sempre quei cognomi, quei volti e quelle facce di bronzo che si riciclano ad ogni elezione e che ad ogni minimo cambio di vento, ne seguono la direzione: perché l’importante è regalare pagnotte e vrasciole alla famiglia e agli amici. Basta alibi, basta è colpa di altri, no è colpa nostra.