Le lacrime delle mamme che hanno seppellito i loro figli e a volte nemmeno quello.
In due giorni ho partecipato ad altrettante iniziative di preparazione alla marcia di Libera del 21 Marzo – la giornata dedicata alle vittime innocenti delle mafie.
A Strongoli ho visto le lacrime di Francesca Anastasio, la mamma di Dodò. Lacrime che ormai conosco e conosciamo a memoria. Lacrime di una mamma che ha dovuto dire troppo presto addio al suo unico bimbo.
Al fianco di Francesca c’era da una parte Pietro Canonico, papà di Gianluca, colpito da un proiettile alla testa a Reggio Calabria e morto a soli 10 anni. Anche lui non riesce a non piangere parlando del suo bimbo davanti ad altri ragazzi. Dall’altra parte c’era Anna Dattoli, mamma di Gabriele De Tursi, ragazzo di 19 anni sparito nel nulla nel 2013.
Anna ormai si è convinta che suo figlio non potrà mai più riabbracciarlo. Non potrà mai più accarezzarlo e magari abbracciandolo dargli un bacio.
Gabriele è scomparso, o meglio è stato fatto sparire. Di lui è stata ritrovata solo la moto, dieci mesi dopo la sua scomparsa, e grazie ad una lettera anonima.
A Strongoli qualcuno sa, ma nessuno parla. E Anna non ha nemmeno una lapide su cui portare i fiori e piangere suo figlio, anche se in realtà le sue lacrime sono giornaliere. Silenzi, omertà, complicità, fanno in modo che Anna, mamma Anna, non possa avere nemmeno il “privilegio” di dare una degna sepoltura al suo ragazzo.
Il giorno dopo cambiano gli scenari, i ragazzi e i protagonisti, ma purtroppo non la sostanza.
A Rombiolo e San Calogero, grazie agli splendidi volontari di Libera Vibo Valentia, Maria Joel Conocchiella e Giuseppe Borrello e ad appassionate docenti, ho la possibilità di incontrare ancora tanti ragazzi. Di ascoltarli, di prendere tutte le cose belle che hanno preparato per ricordare i loro coetanei uccisi dalle mafie in tutta Italia.
Soprattutto, ho il privilegio di conoscere Marzia Luccisano, mamma di Francesco Prestia Lamberti, ucciso a 15 anni il 29 maggio del 2017 a Mileto, in provincia di Vibo Valentia.
Marzia piange e sul suo volto scendono le lacrime ogni volta che i ragazzi parlano di suo figlio. Lacrime di una mamma che anche in questo caso ha seppellito troppo il suo bambino. Francesco aveva 16 anni e a sparagli è stato un suo coetaneo, condannato a 14 anni anche in Appello. Marzia sa che tra qualche anno potrebbe trovarsi per strada ed incrociare l’assassino di suo figlio. Ma a Mileto, come a Strongoli, la gente sa, ma non parla. La morte di Francesco è ancora avvolta da mille misteri, tanto che i carabinieri, nonostante la condanna di Alex Pititto, colui che ha confessato l’omicidio di Francesco Prestia Lamberti, stanno continuando le indagini. Perché, secondo gli investigatori e anche secondo la famiglia di Francesco, quel Pititto non può aver fatto tutto da solo. Il luogo in cui è stato ritrovato il corpo di Francesco non è lo stesso in cui il bel ragazzo dagli occhi verdi, capitano della squadra di calcio, è stato barbaramente ucciso. Quando Marzia racconta ai giovani studenti il suo dolore, la sua disperazione nell’apprendere la notizia, le lacrime diventano collettive. Così come avviene quando a parlare sono Pietro, Anna, Francesca, Giovanni e, purtroppo, tanti altri famigliari di vittime innocenti delle mafie.
Qualcuno ha detto e scritto che “la mafia uccide, il silenzio pure”. Anna e Marzia sono due mamme che oltre a morire dentro ogni giorno per non avere più i propri figli, muoiono seppellite dai silenzi, dall’omertà della gente “normale”.
Don Pino Puglisi diceva “non ho paura dei violenti, ma del silenzio degli onesti”. Ecco quel silenzio si trasforma in complicità quando ad un genitore viene negato il diritto alla verità sulla morte dei propri figli. Girarsi dall’altra parte, pensare che “tanto non ci appartiene”, oltre a essere vigliaccheria è complicità con chi costruisce il potere proprio sui silenzi. Francesco, Gianluca, Dodò, Gabriele potevano essere i figli di chiunque. Certo è toccato a loro e senza un perché, ma al loro posto potevano esserci i figli di chiunque altro.
Giovedì a Catanzaro, in piazza per il 21 Marzo di Libera, ci saranno anche Anna e Marzia, al loro fianco tutti gli altri famigliari delle vittime innocenti di mafia, insieme marceranno con gli studenti, i lavoratori e la gente comune, insieme perché siano ben impresse nella memoria di tutti le lacrime prodotte dal dolore ‘ndranghetistico e perché ognuno di loro possa avere verità e giustizia.