Che nessuno si senta escluso da questa battaglia. Nessuno da Bolzano a Porto Empedocle.
Le sentenze scaturita dall’operazione Aemilia (abbreviati in Cassazione e ordinari in primo grado) dicono che l’Emilia Romagna è stata pervase dalla ‘ndrangheta. Che la ‘ndrangheta in quei territori ha invaso l’economia, si è nutrita, è cresciuta ed ha accumulato ingenti patrimoni economici. E non lo ha fatto sparando e facendo saltare in aria saracinesche. Lo ha fatto in silenzio, negli studi dei commercialisti, nelle case dei notabili, degli imprenditori, dei direttori di banca: emiliani.
Emiliani e calabresi pronti a spolpare tutto, fino a lasciare solo le briciole dell’osso. Emiliani e calabresi, ma delinquenti.
E che nessuno pensi che sia un problema semplicemente territoriale. I calabresi disonesti e delinquenti che hanno fatto affari in Emilia, nel Mantovano, in Romagna, in Piemonte, in Veneto, in Lombardia, in Toscana, Umbria, Liguria ecc. ecc. hanno sempre potuto contare sulle collusioni e sulla corruzione di professionisti che non sono certo nati e cresciuti in Aspromonte oppure nel Crotonese.
Cerchiamo di fare in modo di saper riconoscere il delinquente dal padre di famiglia che sgobba e suda per campare la famiglia. Non diamo per scontato niente, ma non commettiamo il gravissimo errore di generalizzare ed etichettare donne e uomini solo per la loro provenienza oppure origine geografica.
Guai a pensare che le sentenze, per quanto utili ed efficaci per la guerra contro le mafie, possano rappresentare la fine dei fenomeni ‘ndranghetisti o mafiosi in genere.
Certo chi pensava e pensa di vivere in una isola felice forse dovrebbe guardarsi meglio attorno, forse dovrebbe cercare di farsi contaminare da chi, per nascita o per studi, combatte questi fenomeni ed ha imparato a capirne ogni respiro, ogni piccolo movimento, anche quello che può apparire più insignificante.
Ricordo ancora le denunce del collettivo dei giovani di “Cortocircuito”, ora diventati adulti, ma quasi sbeffeggiati sa chi sosteneva che la ‘ndrangheta in Emilia non esisteva.
Per molti aspetti quei tempi sono ormai lontani. In Emilia Romagna e tante altre regioni italiane, compresa la Calabria, si parla sempre di più di questi fenomeni delinquenziali, di come operano e dove possono arrivare.
Le mafie hanno soldi, tanti, e in un Paese altamente corrotto come l’Italia i soldi comprano tutto: uomini, silenzi e complicità.
La lotta alle mafie deve appartenere a tutti e non può essere demandata solo alle forze di polizia e alla Magistratura, ma è una battaglia che bisogna combattere prima di tutto nelle mura di casa, poi nelle aule delle scuole. Quella stessa scuola che ha un ruolo fondamentale e centrale nella crescita culturale di un Paese e che guarda caso è sotto costante attacco da almeno due decenni.
Guardiamoci intorno, scambiamoci le conoscenze, camminiamo insieme e cerchiamo di lasciare questo Paese un po’ migliore di come lo abbiamo trovato.