Dovete stare a casa. Dovete stare a casa. Dovete stare a casa. L’appello è stato recepito dalla maggior parte degli italiani, ma c’è sempre chi pensa di essere più furbo degli altri. È la storia di una vita. Questa mattina, dopo cinque giorni rintanato in casa, ho firmato il mio bel modellino (a proposito, ne è stato messo a disposizione uno nuovo) e sono uscito per fare un po’ di spesa. Me ne sono tornato con un sentimento di rabbia difficile da descrivere.
Appena messo il piede fuori dalla porta ho visto tre ragazzi, senza mascherina, gomito a gomito che si godevano la loro corsetta in una bella giornata di sole e con la città semideserta. E ancora, mentre nei supermercati il personale si sta massacrando di lavoro, fuori viene vanificato tutto. A cosa serve stare a distanza dentro se fuori, mentre si fa la fila, sembra la Festa della Madonna di Capocolonna? Basterebbe usare un po’ di buon senso.
Bene fa a ricordare monsignor Panzetta quando dice che “i ventilatori polmonari fanno la differenza tra la vita e la morte”. Ma molto di più possono fare le persone. Rispetto significa anche questo, comportarsi come gli altri. Perchè anche se i casi a Crotone rimangono relativamente pochi non possiamo permetterci, soprattutto noi, di abbassare la guardia.
E quando diciamo che non possiamo permettercelo pensiamo a quante difficoltà stanno attraversando in Lombardia, regione che di certo ha mezzi diversi dai nostri. Infine non può essere sempre colpa degli altri, perchè sono sicuro che c’è già chi pensa alle forze dell’ordine. Aiutiamole, invece di puntare il dito. Sono poche anche loro e basterebbe evitare certi comportamenti per non rischiare. Una persona a me cara mi ha ricordato una semplice cosa: “Sono stato in guerra, prigioniero. Adesso non siamo capaci di stare sul divano”. Possibile?