Crotone,
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Verso il centenario: “E’ stata la squadra a farci scoprire il nostro senso di appartenenza”

Quando c’è una ricorrenza ci affrettiamo a riportare ogni nostro evento vissuto, anche solo sentito. Tutti abbiamo ricordi di eventi da far vivere a chi non c’era e far rivivere a chi già c’era. Ricordi carichi di sentimento. In questo caso il sentimento è figlio di una passione trasmessa di generazione in generazione. Da padre in figlio. Con ciclica continuità. Il 2 Aprile saranno esattamente 100 anni. Anni in cui abbiamo avuto varie denominazioni sociali ma sempre la stessa passione. Purtroppo, anche noi come società sportiva abbiamo avuto la nostra sciagura. La tragica morte di Ezio Scida, a cui è intitolato lo stadio. Come in tutte le cose della vita anche questa passione ha un inizio. Il punto esatto in cui parte questa è semplicemente la prima volta; “Quando esco di casa per andare allo stadio a tifare Crotone” e “quann u Cutron joca all’Ezio Scida. Ca s’ha manciat u cor e ru cirveddru”

È lì, in quello stadio Ezio Scida di Crotone, in quel preciso istante che si unisce anche la felicità. “LO VISO MOSTRA LO COLOR DEL CORE” come scriveva Dante ne la “Vita nova”. Una fase della vita che ti resta per sempre dentro. E per sentire continuamente quella dimensione infantile ogni partita ti rechi verso lo Scida con la stessa voglia. Perché ti piace. Perché la ami. Le abitudini cambiate ad ogni stagione per cercare anche la fortuna, la passione sugli spalti, il richiamo degli steward, lo sfottò. Conoscere gli avversari, questi e i prossimi. Il calendario, la classifica, la serie, il modulo, il fantasista. La partita in tv, il commentatore che porta sfortuna, la partita al lunedì, al martedì, al mercoledì, al giovedì, al venerdì, al sabato. Ma non giochiamo mai di domenica?

Il mister in panchina e quello in tribuna, le vicende private dei calciatori, il clima nello spogliatoio, quello che negli allenamenti è  più forte ma non gioca mai, quello che non si allena ma è il più forte di tutti in partita. Tutto questo viene dopo. Prima di ogni cosa c’è l’amore per quella parte infantile che ti (ri)porta verso lo Scida. Unita da due colori. Il rosso ed il blu. Nello sport si unisce anche la parola e così diventa rossoblù.

Mi sentirei presuntuoso se raccontassi ogni singolo evento che ricordo e che riguarda me ed il Crotone. Tutti abbiamo la prima partita, il primo gol, il primo capitano, il primo calciatore da ricordare, l’evento sugli spalti, la coreografia della curva, la canzone del cuore, la maglia più bella, la formazione più forte, il migliore di tutti. Ecco, ognuno la pensa a modo suo. Ognuno ha i propri sentimenti da legare agli eventi, ma tutti amiamo questa splendida squadra. E la amiamo incondizionatamente nel bene e nel male. Nelle sconfitte e nelle vittorie. Abbiamo un passato remoto molto tribolato. Ed un storia recente fatta di continui successi. Probabilmente, anche per colpa del passato tribolato, siamo la tifoseria che ha festeggiato di più in Italia negli ultimi 30 anni. Forse scrivo una fesseria ma le gioie le ricordo bene. Grande felicità collettiva che ci ha regalato un paradiso che ci siamo creati su misura. E lo abbiamo meritato. Fondamentalmente, diciamo la verità, è stata questa squadra a farci conoscere un senso di appartenenza. Un senso di comunità. E ci ha anche fatto capire che con il nostro amore a sostegno di un unico fine riusciamo a raggiungere ogni traguardo. Quando il risultato non porta sostegno e amore sono proprio questi ultimi che possono portare al risultato. Ecco l’insegnamento che ci portiamo dietro da 100 anni. Siamo grandi e non. Sicuramente non siamo perfetti, ma abbiamo anche dei bellissimi difetti.

Forza Crotone

Sempre

Gaetano Vrenna