Crotone,
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Crotone, parola d’ordine costruire. E i tifosi sono da Serie A

Nove punti in diciannove giornate. È questa la situazione attuale del Crotone in serie A. Un disastro, inutile girarci attorno. A metà gennaio, con un mercato paralizzato e con un girone d’andata portato avanti tra mille difficoltà mai superate, guardare in faccia la realtà è d’obbligo. Serve per non sciupare quanto di buono in casa rossoblù si è fatto negli ultimi vent’anni, serve per costruire il futuro.

Forse fino ad ora nessuno ha avuto il coraggio di dirlo, forse fino ad ora il sogno e la gioia, incredibile e inenarrabile, che tutta la città ha provato lo scorso 29 aprile ed i giorni seguenti ci ha offuscato la mente al punto da non essere mai stati lucidi, ma ora farlo è obbligatorio.

Il Crotone è in serie A e questo è un dato innegabile quanto incredibilmente bello solo a dirsi; ma, a parte questo, ciò che siamo riusciti a far emergere del calcio crotonese è solo improvvisazione. Tutta l’Italia è convinta che in riva allo Jonio ci sia una società di dilettanti allo sbaraglio che tutto ha sbagliato fino ad ora, mentre solo pochi mesi fa tutto il Paese parlava della grande programmazione del Crotone.

E allora andiamo con ordine, perché se è vero che in questo momento siamo a notte fonda, è vero anche che possiamo svegliarci.

Gli errori ci sono e sono evidenti, partendo dalla scelta dello stadio. Uno stadio portato con grande fatica e sacrifici da parte di tutti a 16.000 spettatori che, dati alla mano, quest’anno non ha mai superato le 9.200 presenze, sfiorate solo in casa contro il Napoli. Numeri che poteva tranquillamente contenere la struttura dello scorso anno, piccola, accogliente e con qualche aggiustamento perfettamente all’altezza del suo compito. E invece sognavamo una Calabria ed un Sud Italia innamorato del nostro Crotone al punto che tutti avrebbero fatto a botte per venire a vederlo. Siamo stati presuntuosi? Io non direi, forse troppo orgogliosi del campionato dello scorso anno, forse troppo romantici, forse troppo sognatori, ma la scelta fatta si è dimostrata il primo grande errore che siamo stati costretti a pagare.

Il debutto in campionato, lontano da Crotone e dallo Scida, è stato il nostro biglietto da visita per quello che avremmo fatto dopo.

E a pagare pegno, soprattutto all’inizio, è stato Davide Nicola. Criticato dai tifosi, criticato dalla stampa, messo continuamente in discussione. Ovvio, scontato e forse anche giusto dare la responsabilità di una serie di meritate sconfitte all’allenatore. Ma con il senno di poi, oggi, sappiamo che i limiti di Nicola sono quelli di una persona che ha la sua idea di calcio e che purtroppo si trova a doverla esprimere con mezzi non proprio all’altezza della situazione. Il Crotone non ha un centro sportivo per gli allenamenti, non ha di certo strutture al pari delle grandi società, né staff che studiano lo sviluppo muscolare degli atleti nei minimi dettagli, ma questo negli anni non ci ha impedito di dimostrare a tutta Italia che si può fare un buon calcio. Quello che ce lo impedisce oggi è il fatto che non siamo all’altezza da un punto di vista organizzativo. Sappiamo, dalla voce stessa dei calciatori, che Nicola lavora giorno e notte per migliorare questa squadra e se calciatori dagli evidenti limiti tecnici riescono a reggere per 80 minuti a San Siro vuol dire che qualcosa di buono questo allenatore la sa fare. Ma forse non è abbastanza per la serie A, forse non è abbastanza per il livello basso di questo Crotone. I miracoli non sono degli uomini. E quindi cosa può fare oggi l’allenatore per provare a salvare questa squadra? Cosa può fare la società? Forse poco o nulla. Forse continuare nell’impegno profuso fino ad adesso. Forse solo crederci, perché la matematica non ci condanna e le altre squadre non sono più forti di noi. Ma quello che in questo momento tutto il calcio a Crotone deve fare è imparare. Analizzare gli errori commessi e utilizzare questo momento di giustificato sconforto per crescere. Osservare come fanno gli altri e capire che, adesso che in serie A ci siamo stati e ci siamo, la serie A deve essere ciò a cui ora e anche in futuro a cui dobbiamo ambire. Non si può neanche lontanamente immaginare un campionato di B, quand’anche dovessimo tornarci, che non abbia come obiettivo l’immediato ritorno nella massima categoria. Costruire, questa la parola d’ordine. I momenti di crisi servono per costruire. E i tifosi rossoblù capiranno, il pubblico di Crotone ha raggiunto una maturità e un livello di civile passione per lo sport che dovrebbe essere da esempio in tutta Italia. Siamo un modello di tifo, questa è una cosa da serie A.