Crotone,
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Panni stesi, i dialoghi della ciavula: “Gli uomini devono essere liberi di muoversi come le nuvole”

– I vidi tu chiri vecchi che… – Ah no, cara la mia ciavula, oggi non mi freghi! Tu arrivi, volteggi, sfrecci qua davanti, mi confondi, cominci a parlare e io non riesco mai a domandarti una cosa! Per una volta stammi a sentire ché io proprio ciota non sono! – Uffa e dici allora -. – Faccio subito: ma come mai tu mi parli sempre in dialetto crotonese o qualcosa del genere? Spiegami ‘sta cosa. – E va bene. Ti dimostro che so parlare in un italiano perfetto, come vedrai. Quanto al dialetto… Tu non lo sai dove sono cresciuta io e dove ha origine la mia famiglia… – Perché tu hai una “famiglia”? – Poi dici che non sei ciota! Tutti quelli che nascono da un uovo poi fanno un uovo: è la catena della vita. Anche tu nasci da un uovo anche se voi lo chiamate ovulo… non c’è poi questa grande differenza. Io sono l’erede di una gloriosa stirpe di taccole e la mia famiglia ha vissuto da sempre sul castello e sui tetti del centro storico. Ciavula 3450 me lo raccontava come stavano bene: aria pura, cieli azzurri, tanti vermetti e insetti saporiti, buona gente, un po’ rumorosa ma non importava: ci facevano compagnia. E all’epoca, me lo diceva proprio Ciavula 3450 (mia nonna, insomma) a proposito di panni stesi… non ce n’erano tanti, la gente era povera e non sprecava certo i pochi soldi che aveva per comprare saponi o vestiti. Dovevano svoltare la loro vita… e quanto lavoravano, quando potevano! E lì, nel centro storico (si chiama così perché gli abitanti hanno fatto la storia vera mentre voi… lasciamo stare, a voi vi ricorderanno, se pure accadrà ma ne dubito, come quelli che hanno sprecato la vita lasciando ovunque distruzioni), nel centro storico che allora era il solo paese che c’era, si parlava in dialetto e io così l’ho imparato. Ma poi il paese è diventato una città (era megghjiu prima, senta a mija) e io ho volato su altri tetti e imparato tante cose e tante cose sto insegnando alle altre. Noi impariamo, che ti credi, che siamo ignoranti come voi che sbattete il muso sempre negli stessi errori? – Ho capito ma che mi stavi dicendo prima? – Ah sì, ti chiedevo se li vedi anche tu quei vecchi che occupano le panchine in piazza. – Sì che li vedo, embe’? – Quelli poi tutti insieme vanno a passeggiare sul lungomare… e che fanno? Migrano, da un luogo ad un altro, passeggiano e cercano aria fresca, chiacchierano. In una parola sperano di stare meglio e nessuno si scandalizza. È un po’ quello che fanno gli uccelli migratori che stanno in un posto finché trovano da mangiare poi se ne vanno, magari per deporre l’uovo in un luogo più adatto. – E mo’ che vuoi dire con questo? – Va be’. Facciamo un’altra cosa: hai presente la mappa fisica del mondo? L’avrai studiata no? Valla a prendere. – Sì (adesso mi dà anche ordini la mia ciavula!). – Guardala bene. – Fatto. .. – Mo’ prendi la mappa politica. – Fatto. – Che vedi?- Be’ è ovvio: su quella fisica sono segnati le terre, le acque, i fiumi, i monti, eccetera. In quella politica ci sono i confini, gli stati, eccetera. – Lo vedi? La prima mappa è quella reale, quella giusta, la seconda è quella sbagliata, quella creata per fare le guerre. È come un grande Risiko solo che le armi sparano e il sangue scorre davvero. Ma ti pare normale? I confini sono tutti nella vostra testa bacata. Ma quando imparerete mai! Guardate le nuvole invece: sono i fiori del cielo, sbocciano gratis e vanno dappertutto. Siete uomini ingrati e indegni. Voi siete nati per fare quello che le nuvole fanno in cielo ma sulla terra: camminare ovunque, spostarsi in un posto o in un altro, liberi. E poi sparire. Hai capito? A sparire, chiudendo la finestra, a questo punto sono io. Non ho più parole.

Gentile da Rocca