Salvatore De Siena, leader e fondatore de’ “Il Parto delle Nuvole Pesanti” affida a CrotoneNews il suo commosso ricordo di Claudio Lolli.
“La prima volta che conobbi Claudio Lolli fu a Bologna all’inizio degli anni novanta. Io abitavo con la cugina della moglie e ne approfittai per andare a casa sua. L’incontro, per Claudio, fu come tanti, ma per me, che ero cresciuto ascoltando e suonando i suoi brani “Borghesia”, “Aspettando Godot” e “Ho visto anche degli zingari felici”, fu un sogno, ancora più enfatizzato dal fatto che erano i primi anni di vita de Il Parto delle Nuvole Pesanti con l’entusiasmo musicale alle stelle.
Ma certo non avrei mai potuto immaginare che dopo una diecina d’anni quel matto di Rambaldo di Storie di Note, l’allora casa discografica di Claudio, ci proponesse di rifare il disco “Ho visto anche degli zingari felici” con i nostri arrangiamenti e la partecipazione di Claudio alla voce (???). Solo a sentire quest’idea mi vennero i brividi, figuriamoci a realizzarla.
Il primo concerto per presentare il “nuovo disco” lo facemmo a Crotone, nell’ambito della prima edizione del festival dedicato ad un altro grande cantautore, e cioè a Rino Gaetano che nella città pitagorica c’era nato.
Quante prove e quanto sudore prima di salire su quel palco allestito nel piazzale dello stadio Ezio Scida. Prove defatiganti in piena estate alle quali Claudio si sottoponeva leggero, senza mai accennare ad un solo lamento per le fatiche e per il frastuono assordante di batterie, grancasse bandistiche e tamburelli. Dopo nove ore di prove nell’auditorium del Pertini e dopo essere passati da (o per?) una specie di passione pasoliniana, eravamo pronti per l’esperimento Lolli-Parto, per la rivisitazione di “Ho visto anche degli zingari felici” ventisei anni dopo.
Arrivò il momento di salire sul palco davanti a una piazza stracolma di gente. e Si capì dalle prime parole di Claudio che il concerto sarebbe stato struggente ed energico, ma anche con venature di sofferenza e tristezza, perché quando ti spelli per essere un artista sincero sai che alla fine del percorso ti aspetta sempre il calice amaro della realtà.
Eravamo tutti sotto pressione, emozionati e ribelli, protagonisti di una storia che non sembrava vera. Claudio ci guardava sorridente e commosso, con la sua barba bianca, i capelli lunghi e quegli occhi che gli conferivano un’aria di pace, come se il ritorno dei suoi zingari restituisse serenità al suo mondo interiore, alla sua “piazza umana”. A me sembrava di stare in un sogno.
Alla fine del concerto, Claudio, tra il serio e l’ironico, commentò così a un giornalista della Rai l’esperienza dei “nuovi zingari: “Non capita spesso, in una carriera, di riscrivere dopo trent’anni un lavoro già fatto con il cuore. E’ come innamorarsi due volte della stessa moglie. E’ un trapianto. Un trapianto che mi ha fatto molto bene. Nessuno prima di Salvatore, Amerigo, Raul, Peppe e Mimmo, aveva fatto ballare ai miei pensosi concerti…”.
Se Claudio nel ‘76 aveva visto degli zingari “felici” in Piazza Maggiore a Bologna, nel 2001 quegli stessi zingari erano saliti sul palco di Crotone, imbracciando strumenti e liberando nell’aria l’energia, il ritmo e la fisicità di quel disco che aveva influenzato un’intera generazione, e così completandone così l’anima e lo spirito.
Ma la cosa ancora più preziosa che mi regalò quest’esperienza fu la conoscenza di Claudio, la sua infinita umanità, la sua capacità di infervorarsi davanti alle ingiustizie e al contempo di commuoversi davanti al bisogno di affetto. Tutti i pregiudizi di persona difficile e triste si erano sciolti come neve al sole. Mi sembrò di avere scoperto un pozzo dove arte e vita finalmente stavano insieme e dal quale potevo attingere all’infinito. Divenne un mio amico fraterno, un riferimento, un faro, e forse anche un padre, ma di quelli che sanno di amore antico, forse quel padre che avevo perso da bambino. Addio Claudio, luce, amico, fratello e forse anche padre, mi mancheranno le tue lievi carezze…”
Salvatore De Siena