Ieri sera abbiamo proposto ai nostri lettori il comunicato integrale del sindaco di Crotone, Ugo Pugliese, sul parere espresso dal Ministero dell’Interno rispetto alle cause di incompatibilità dell’assessore all’Urbanistica, Salvatore De Luca (leggi articolo). Le cose, però, sembrano un po’ diverse da come erano state illustrate. Secondo l’interpretazione di diversi legali, le cause ostative per la incompatibilità di Salvatore De Luca persisterebbero nella parte in cui l’assessore non ha rinunciato al processo e, dunque, alla lite e, quindi, il processo prosegue e non si estingue. Sembra, infatti, questa la chiave di volta della risposta del Ministero che cita anche le sentenze di Cassazione. Non basta, dunque, che si rinunci agli atti, ma occorre, almeno secondo questa interpretazioni, rinunciare alla lite in toto e far estinguere il processo perché la incompatibilità decada. E il Ministero si pronuncia anche sulla cessione a terzi del credito che, in ogni caso, può essere estromesso dal processo, ma resta sempre in piedi il procedimento. La condicio sine qua non, dunque, perché De Luca possa esercitare il ruolo di assessore sembra essere solo e soltanto la rinuncia alla lite e quindi l’estinzione del processo contro tutte le parti.
Intanto il prefetto di Crotone, Cosima Di Stani, che in data 15 settembre aveva fatto pervenire tramite Pec il parere del Ministero al Comune di Crotone, ha inviato ieri una lettera al sindaco Ugo Pugliese, nella quale chiede di conoscere “con la massima urgenza” se è stata avviata, nei confronti dell’assessore De Luca, la verifica delle cause ostative all’espletamento del mandato.
“In relazione al caso di specie, la pendenza della lite tra l’assessore esterno, avvocato Salvatore De Luca, e il Comune di Crotone determina accertamento l’insorgere della causa di incompatibilità di cui all’articolo 63, comma 1, numero 4 del decreto legislativo 267/2000. Tuttavia, occorre valutare in che modo incidono sul permanere della sussistenza della stessa all’accordo di cessione con la relativa richiesta di estromissione la rinuncia agli atti del giudizio. In relazione all’atto di cessione del credito viene in rilievo l’articolo 111 del codice di procedura civile, il quale dispone che, anche ove nel corso del processo si trasferisca il diritto controverso per atto tra vivi a titolo particolare, il processo prosegue tra le parti originarie,. Pertanto, la conclusione di un accordo di cessione, sebbene produca effetti sul piano sostanziale, non incide sul rapporto processuale che continua a svolgersi tra le parti originarie. Inoltre, il terzo comma dell’articolo 111 del codice di procedura civile prevede che il successore a titolo particolare può intervenire o essere chiamato nel processo e, se le altre parti vi consentono l’alienante ho il successore universale può essere estromesso. A tal proposito va evidenziato, come chiarito dalla giurisprudenza, che in caso di istanza di estromissione, l’amministratore resta parte del giudizio fino a quando, in seguito al consenso delle altre parti, il giudice non adotti il provvedimento di estromissione. Da quest’ultima ipotesi esaminata si differenzia la rinuncia agli atti del giudizio, disciplinata dall’articolo 306 del codice di procedura civile. Il processo si estingue per rinuncia agli atti del giudizio quando questa è accettata dalle parti costituite, che potrebbero avere interesse alla prosecuzione. Il giudice, se la rinuncia e l’accettazione sono regolari, dichiara l’estinzione del processo”. Delineata la suddetta differenziazione, occorre valutare in che modo si atteggi la rinuncia agli atti del giudizio, notificata al Comune di Crotone in data 27 luglio 2017, rispetto alla causa di incompatibilità, previsto dall’articolo 63, comma 1, numero 4 D.Lgs 267 2000 in cui versa l’avvocato Salvatore De Luca. Secondo l’orientamento della giurisprudenza di legittimità, in caso di rinuncia, è sufficiente porre in essere atti idonei a far venire meno nella sostanza l’incompatibilità di interesse realizzata se a seguito della lite, anche se si non possono definirsi formalmente perfetti rispetto alla specifica disciplina che eventualmente li regoli. Infatti, il sostanziale ed incondizionato abbandono della lite, secondo la Corte di Cassazione, elimina la causa di incompatibilità anche a prescindere dalla formale accettazione da parte dell’amministrazione e in assenza del formale provvedimento di estinzione del processo
(c.fr Cass. civ., Sez. l, sentenza n. 3384 del 12/02/2008; Cass. civ., Sez. l, sentenza n. 3904 del 24/02/2005; Cass. civ., Sez. 2, Sentenza n. 8271 del l 31/09/1996, Cass civ, Sez l , Sentenza n. 5216 del 30/04/1992)”.