Quando la solidarietà non fa rima con falsità a contare è l’esempio. Concreto e disinteressato. Come questo: un gruppo di associazioni di Catanzaro e provincia, rappresentato da Luigi Elia e Angela Rubino, ha consegnato ieri mattina, mercoledì 18 gennaio 2017, presso l’ospedale cittadino, una busta con dentro una somma in denaro e un cesto regalo con vari generi alimentari ad Aruna, giovanissimo e sfortunato migrante del Burkina Faso, vittima di una straziante e drammatica storia di violenza umana.
Solo un piccolo dono che non riscrive la storia, che non colma vuoti incolmabili, ma che dispiega sorrisi e carezze laddove c’erano solo lacrime di indignazione.
L’incontro con Aruna è avvenuto presso il reparto di chirurgia plastica dell’ospedale “Pugliese” di Catanzaro, alla presenza del religioso padre Benedetto, affidatario del ragazzo, attualmente ospitato presso la comunità: “Piccola famiglia dell’Esodo” di Decollatura.
Luigi Elia, portavoce delle associazioni coinvolte nella lodevole iniziativa benefica, parla al plurale e lo fa con un eloquio travolgente: “Non possiamo definirci cristiani solo quando varchiamo le porte delle nostre chiese. Molto spesso quando accadono questi fatti atroci, facciamo finta di non vedere e ci rintaniamo nelle nostre case. Abbiamo il dovere da singoli cittadini, e ancor di più quando parliamo di associazionismo, d’intervenire anche con piccoli gesti come ad esempio è stato il nostro. Un gesto di solidarietà, ma soprattutto di umanità, sull’esempio del nostro Papa Francesco. Aruna purtroppo avrà la vita segnata dalla cattiveria e dalla barbarie di uomini senza scrupoli. Speriamo con questo gesto di vicinanza nei suoi confronti, di aver anche un minimo contribuito ad alleviare il suo dolore e il suo sconforto. Voglio qui ringraziare pubblicamente tutti gli amici che hanno offerto il loro contributo e in particolar modo l’Associazione Attivamente coinvolte presieduta da Stefania Figliuzzi, l’Associazione Insieme onlus presieduta da Natalina Carpino, l’associazione Cultura attiva di Angela Rubino e l’Associazione Greca che qui rappresento”.
Dolci sillabe intrise di umanità per un gesto edificante che arricchisce chi lo riceve e anche chi lo fa, azioni meritorie che la Calabria suole fare perché ce l’ha nel DNA e quando serve non gira la testa dall’altra parte. Anche stavolta impossibile restare indifferenti: Aruna ha subito l’amputazione di mani e piedi in seguito alle violenze di scafisti senza cuore. Antefatto assurdo: il giovane cittadino africano è stato immobilizzato per giorni con corde legate troppo strette, così strette da provocargli la setticemia. Ci sono storie che fanno male e nessuno vorrebbe raccontarle, ma se ne parla perché nessuno dovrebbe viverle.
Enzo Bubbo
LA STORIA DI ARUNA
Il giovane Widraou Aruna, il ragazzo diciottenne richiedente asilo del Burkina Faso, al quale i sanitari dell’ospedale Pugliese-Ciaccio di Catanzaro hanno dovuto amputare gli arti inferiori a seguito di sevizie da parte degli scafisti, una volta dimesso sarà curato in una struttura a carico del Servizio sanitario nazionale, al pari dei cittadini italiani indigenti. A darne notizia è la Prefettura di Catanzaro.
Dopo lo sbarco a Trapani, dove era giunto a bordo della nave Gregoretti, Aruna era stato accolto, assieme a sette compagni di viaggio, nel centro di accoglienza gestito dalla comunità “Piccola Famiglia dell’Esodo” di Decollatura. Era stato il responsabile della struttura a notare la presenza di edemi estesi alle mani e ai piedi e, per tale motivo, aveva deciso di portarlo prima nell’ospedale di Soveria Mannelli e poi al Pugliese-Ciaccio, dove è stato operato a causa della distruzione dei tessuti sottoposti a costrizione. Ora la decisione di curarlo così come accade per i cittadini italiani. (Ansa)