Dopo qualche settimana in Calabria si ritorna a parlare di chiusura delle scuole. E non per un periodo limitato, ma per due o addirittura tre settimane. La proposta è quella del presidente facente funzioni Nino Spirlì, in carica fino alle prossime elezioni, secondo il quale per vaccinare il personale scolastico bisogna necessariamente ricorrere alla chiusura degli istituti.
Inutile dire che questo “annuncio”, arrivato ieri un po’ a sorpresa tramite il canale preferito del facente funzioni, ovvero Facebook, ha colto di sorpresa anche quei sindacati con cui Spirlì diceva di aver raggiunto un accordo, ma i quali subito dopo hanno inviato un comunicato con il quale, tra le altre cose, precisano: “Garantire, nei tempi concordati, la somministrazione del vaccino a tutto il personale scolastico che ne faccia richiesta; sospensione delle attività didattiche in presenza da non attuare in maniera preventiva e generalizzata per un periodo pari a 15 giorni, ma mirata a periodi minimi, e comunque strettamente necessari, al solo verificarsi di una concentrazione di somministrazione sull’intero istituto, Comune o distretto, tale da richiedere la sospensione delle attività didattiche in presenza”.
Che è una cosa ben diversa dal dire chiudiamo tutto, indistintamente, per due o tre settimane. Anche perché siamo alla prima dose, per la seconda è prevista la stessa cosa? Perché se è così vuol dire che la scuola è finita. Da quando è iniziata questa maledetta pandemia la Regione Calabria ha sempre avuto un indirizzo diametralmente opposto a quello del Governo. Oggi, mentre il neo governatore Draghi parla di prolungare le lezioni fino a giugno da queste parti imbocchiamo la strada opposta. È ovvio che in istituti di piccoli dimensioni, dove le vaccinazioni potrebbero essere concentrate in un paio di giorni, qualche chiusura potrebbe essere messa anche in conto. Per poco. Ma se lo stesso ragionamento fosse stato applicato anche agli ospedali, alle guardie mediche, oppure verrà preso in considerazione per le Forze dell’ordine che si fa? Chiudiamo tutto?
Appare abbastanza evidente che, anche questa volta, la scuola viene considerata come una attività secondaria, come se, soprattutto ai più piccoli, la pandemia non abbia già “regalato” abbastanza problemi. Danni, dei quali non conosciamo ancora l’entità. Senza sport, senza amici. Sono tornati a scuola dopo quasi un anno e, guardandogli negli occhi e osservandoli, sono molto più sereni.
Allora sarebbe meglio riflettere bene, altrimenti sembra un atto fatto apposta per chiudere comunque le scuole dopo le decisioni del Tar. Ma sui bambini, almeno su di loro, non si fa politica.