Crotone,
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Roma, avvocato crotonese denuncia misfatti all’Ipab e finisce lei sotto processo

Maria Pia Capozza è un’avvocatessa crotonese che nel 2010 vince un concorso e diventa dipendente dell’Ipab (Istituzione assistenza e beneficienza), un colosso dal punto di vista immobiliare, e per di più a Roma, dove la politica può far piovere o sorgere il sole. Maria Pia Capozza capisce subito che in quell’Istituto forse accadono cose che non hanno molta logica, ma lei denuncia e non si ferma. Si ammala anche, ma sotto processo ci finisce lei che ora dovrà dimostrare tutto quello che ha denunciato. La storia di Maria Pia Capozza la racconta Marco Nese sulle pagine romane del Corriere della Sera (leggi articolo).

Ecco cosa scrive Nese: “Maria Capozza, avvocato, era segretario generale di un’Ipab. Le Ipab (Isituzioni di assistenza e beneficenza) sono miniere d’oro, controllano i lasciti di benefattori, ville, edifici storici, opere d’arte. Lei si opponeva a un uso disinvolto di quei patrimoni. L’hanno licenziata. Vinse un concorso e il 1° febbraio 2010 prese servizio. Creò subito problemi: la Regione Lazio era pronta a dare 5 milioni per il recupero di un’antica villa. Lei chiede il progetto. Riceve risposte vaghe. Non si fa convincere e l’affare salta. Contesta gli affitti di case Ipab a prezzi stracciati. Fa obiezioni sui fondi a cooperative che dovrebbero assistere malati. Scopre che non ci sono malati, ma i soldi arrivano.

C’è un primo tentativo di convincerla ad andarsene: un dirigente della Regione le manda una mail con le procedure per le «dimissioni volontarie». Lei invece crea nuovi ostacoli. L’Ipab possiede un giardino di 2300 metri quadri, davanti al Colosseo, dove passa la Metro C. Si concorda un milione di euro una tantum per l’esproprio e 700 mila euro all’anno per 7 anni. Capozza scopre che risulta l’esproprio dell’intero giardino, ma lo scavo riguarda 300 metri totali. I conteggi vengono rivisti, e le quote calano: 252 mila una tantum e 200 mila annui.

Massimo Pompili, Pd, ex deputato, presidente dell’Ipab, la avverte: «Il CdA cambierà il regolamento». Lo cambiano per autorizzare l’assunzione di un segretario generale esterno. Lei protesta: «Un’altra cosa illegale che fate». Durante il colloquio (registrato, e ora agli atti giudiziari), Pompili si giustifica: «Io rispondo alla politica… cerchi di capire. Se lei vuole un altro incarico la posso aiutare». No, non vuole. Ma arriva il nuovo segretario generale. E’ Sergio Basile, siciliano di 69 anni, ex dirigente del ministero dell’Ambiente. Chi lo sceglie? «Il Cda – dice lui -. Sono conosciuto. Normale che pensino a me».

Normale non sembra ad alcuni parlamentari che denunciano irregolarità. Il viceministro dell’Economia Enrico Zanetti chiede spiegazioni al presidente della Regione Zingaretti. Basile se ne infischia e rimuove dall’incarico l’avvocato Capozza. Era in corso una trattativa col Senato che chiedeva di utilizzare gratis un palazzo in piazza Capranica. L’avvocato Capozza era contraria all’uso gratuito. Basile invece lo concede gratis. Isolata, Maria Capozza trova appoggio in un giudice. Ma il magistrato viene trasferito. E lei riceve una mail che l’accusa di distribuire appalti agli amici. E’ falso, ma la mail arriva ai vertici della Regione. Riccardo Micheli, dirigente, le chiede spiegazioni. Lei si rivolge alla polizia postale, che risale all’autore della mail. E’ Giovanni Caprio, dirigente della Regione. Caprio confessa. Viene punito? No, promosso.

Capozza finisce chiusa nella sua stanza. Dovrebbe fornire «osservazioni» al bilancio 2013. Le è impedito di prenderne visione. Ma poi le viene contestato di «non aver redatto le osservazioni al bilancio». Basile chiede alla Guardia di finanza di indagare se lei svolge un secondo lavoro. Non emerge nulla. Ma Basile continua a cercare appigli: scrive all’Università del Sacro Cuore chiedendo se lei è una docente. Scrive perfino al Tribunale ecclesiastico di Reggio Calabria per sapere se l’hanno mai pagata. Sotto stress, lei si ammala. Basile le manda continue visite fiscali, chiede di verificare se è un po’ matta. La esaminano 3 psichiatri e concludono che è sana di mente. Lui insiste inviandole una lettera con 350 allegati, che descrivono inadempienze commesse. Poi la sommerge di denunce, ben 38. Le contesta perfino di aver sperperato i fondi coi regali di Natale ai dipendenti. Tutti dati contenuti in una denuncia per mobbing in cui lei lamenta di aver subito «un danno biologico» e «d’immagine». Ora Maria Capozza non può più mettere piede nella sede Ipab. Per mandarla via dichiarano nullo il bando di concorso da lei vinto. Ma qual è la sua colpa? «Saranno i giudici a valutare», dice Basile. Il presidente Pompili non parla perché «è in corso un procedimento penale contro la signora». Un procedimento in cui è coinvolto anche lui e il Cda”.

Poi è la stessa avvocatessa che dal suo profilo Facebook aggiunge: “Cari tutti, vi ringrazio e vi invio un grande abbraccio. Sono stati anni difficili ed ora, ancora di più, dovrò dimostrare la verità dei fatti contro la mistificazione della verità tipica degli ambienti corrotti e la calunnia che, come un venticello sottile ed insidioso, è subito partita nei miei confronti e dura tuttora per rendere meno credibile la mia persona ed indurre a “leggere” i fatti accaduti sotto una luce deviata. Ho provato ad occupare un posto di responsabilità, a creare posti di lavoro ed attività di assistenza sociale, provando a mettere a reddito uno dei patrimoni immobiliari più ingenti di Roma. Ma l’esistenza di un tale patrimonio immobiliare non è passata inosservata…

Continuerò la mia lotta sentendomi meno sola. L’isolamento è una delle cose peggiori che ho subìto in questo periodo.

Grazie ancora”.