Di Vincenzo Montalcini
Nelle ultime ore si è tornato a parlare della parte relativa all’indagine sulla Strage di Cutro, in particolare del filone sull’eventuale mancato soccorso. Abbiamo pubblicato ieri stralci delle motivazioni che hanno spinto la Procura della Repubblica di Crotone ad effettuare delle perquisizioni presso sedi della Guardia di Finanza, Capitaneria di Porto e Frontex, con sei persone che attualmente risultano indagate. Si sta cercando di ricostruire diverse situazioni, come il mancato coinvolgimento della Capitaneria che si era proposta di uscire, già la sera prima, con i propri mezzi ormeggiati nel porto di Crotone o di Roccella, la compilazione non proprio chiarissima dei brogliacci da parte della Guardia di Finanza, ritardi e avvistamenti via radar in un primo momento non riconosciuti.
La sera del 26 febbraio Crotonenews ha pubblicato in esclusiva mondiale proprio la foto di Frontex che la sera prima, alle 22.26, aveva individuato il caicco prima di rientrare alla base per mancanza di carburante. La nota, come ormai è noto, parlava di una buona galleggiabilità del natante, ma di un’elevata risposta termica, ovvero presenza di tante persone e della mancanza di salvagenti. In sostanza diceva che quella era un’imbarcazione che navigava a circa 40 miglia dalla costa, con un mare abbastanza impegnativo per un caicco adibito ad ospitare non più di venti persone, ma a bordo del quale ce n’erano circa 200, che comunque proseguiva per la costa crotonese.
Alla vista di quella foto le domande sono state immediate: il pilota ha provato a contattare il caicco? Chi meglio di lui poteva verificare se c’era bisogno di un aiuto? E soprattutto, perché una volta finito il carburante è rientrato alla base senza tornare sul posto?
Frontex ha ribadito più volte che la classificazione dell’evento come operazione di polizia o come Sar spettava alle autorità italiane.
Allo stesso tempo, però, c’è un documento che andrebbe letto e analizzato con cura, ed è quello pubblicato a luglio dello scorso anno, ovvero la “Relazione annuale 2021 sull’attuazione del regolamento (UE) 656/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, che stabilisce norme per la sorveglianza delle frontiere esterne nel contesto della cooperazione operativa coordinata da Frontex”.
In questa relazione è presente una sezione specifica dedicata alle osservazioni del responsabile dei diritti fondamentali di Frontex (FRO).
Lo stesso “ricorda la sua raccomandazione espressa nelle sue osservazioni alla relazione annuale 2020 secondo cui l’Agenzia, gli Stati membri ospitanti e le unità partecipanti dovrebbero sviluppare protocolli comuni per rispondere agli incidenti di ricerca e salvataggio in linea con il diritto alla vita, garantire una capacità sufficiente per coordinare le operazioni di SAR e garantire una reazione tempestiva alle chiamate di emergenza. Ai sensi dell’articolo 5 e A norma degli articoli 5 e 9 del regolamento 656/2014, non appena una nave viene intercettata, le unità partecipanti raccolgono e comunicano immediatamente informazioni sulla nave, ove possibile, sulla situazione delle persone a bordo, in particolare se vi sia un rischio imminente per la loro vita o se vi siano persone che hanno urgente bisogno di assistenza medica”. “Raccomandazioni” che vanno che al di là di una segnalazione fotografica o di un video e del rapporto successivo.
Quelle 200 persone, stipate in un caicco e in viaggio ormai da 4 giorni, a bordo di un natante senza salvagenti e con mare molto agitato, rischiavano la vita? Evidentemente si. Perché quella “risposta termica” altro non certificava che l’elevata presenza di persone a bordo e, considerando la rotta, non potevano che essere migranti.
Non solo, viene specificato a tal proposito: “In questo contesto, il FRO ribadisce l’importanza di includere nel piano operativo tutte le condizioni di cui all’articolo 9(2) del regolamento 656/2014, tra cui tra l’altro:
1) obblighi di indicare e rispettare le norme che disciplinano la sicurezza in mare;