Nessun accordo collusivo con gli Arena, nessun favore alla cosca, anzi sulla frangizollatura dei terreni confiscati agli Arena e coltivati a finocchi, Carolina Girasole fu lasciata col cerino acceso in mano, e reagì. Reagì da grande politica e da donna coraggiosa, sfidando la ‘ndrangheta, l’opinione pubblica di Isola Capo Rizzuto, e anche gran parte dei partiti politici che l’avevano sostenuta.
Questo è quanto emerge dalle motivazioni della sentenza della Corte d’Appello di Catanzaro (Giancarlo Bianchi presidente, Francesca Garofalo e Adriana Pezzo consiglieri) che lo scorso 27 maggio aveva confermato la sentenza di primo grado del Tribunale di Crotone, assolvendo con formula piena Carolina Girasole, il marito Franco Pugliese, dalle accuse di voto di scambio politico mafioso e turbativa d’asta per non aver commesso il fatto e perché il fatto non sussiste.
Sentenza confermata in Appello anche per gli altri imputati: assoluzione per l’ex assessore comunale all’agricoltura Domenico Battigaglia e per il funzionario comunale Domenico Calabretta, per il dirigente comunale Pasquale Arena e per Paolo Lentini, accusati di abuso d’ufficio e turbativa d’asta; assoluzione dall’ipotesi di associazione mafiosa per Nicola Arena (’37), Pasquale Arena e Francesco Ponissa, quest’ultimo condannato a 4 anni di reclusione a carico di quest’ultimo per un’ipotesi di estorsione. Condanna confermata anche a tre anni e sei mesi di reclusione per turbativa d’asta nei confronti di Nicola Arena, Antonio De Meco e Antonio Guarino.
Ma al centro dell’indagine della DDA c’era l’ex sindaco di Isola Capo Rizzuto, Carolina Girasole, che la mattina del 3 dicembre 2013, si vide recapitare una misura cautelare di arresti domiciliari, dalla quale uscì dopo 168 giorni e solo perché fu chiesto dall’accusa il rito immediato.
Scrivono i giudici d’Appello che l’accusa “ha cercato di dimostrare attraverso due presunzioni e un sillogismo”, un accordo elettorale e a supporto di quella che era solo una ipotesi “non ci sono prove”. E aggiungono: “Rimane decisamente fuori dalla portata dimostrativa delle prove addotte dall’accusa, la possibilità di ritenere provato nel 2008 un qualsiasi accordo elettorale corruttivo tra la Girasole e gli Arena”.
Sulla accusa di turbativa d’asta e, dunque, sul beneficio che la Girasole da sindaco avrebbe garantito agli Arena (anche questa ipotesi ovviamente cade perché non solo infondata, ma demolita dalle prove) i giudici d’Appello scrivono nelle motivazioni quello che somiglia ad un vero e proprio scaricabarile di chi poteva fare e non ha fatto, istituzioni comprese. Ed è anche qui che, invece, l’ex sindaco Carolina Girasole dimostra tutto il suo coraggio, coraggio che la porterà poi ad essere assurdamente accusata di aver favorito la cosca. Per ricapitolare: i terreni confiscati agli Arena furono affidati all’Agenzia del Demanio, poi all’Agenzia per i beni confiscati e, quindi, alla Prefettura”. Il Comune ancora non è entrato in gioco.
In questo periodo gli Arena avevano comunque continuato a coltivare i terreni a finocchi. “Agenzia del demanio, Agenzia per i beni confiscati, Prefettura, che fino ad allora avevano avuto la disponibilità legale degli immobili, – scrivono i giudici – non avevano, se non meramente formalmente, posto in atto concreti volti a privare dei terreni la famiglia Arena”. E aggiungono: “Gli Arena erano stati lasciati operare indisturbati”. Si decide, dunque, di distruggere quel raccolto, ma secondo i giudici: “È emerso chiaramente che l’iter che ha condotto ad abbandonare le operazioni di distruzione non è stato governato in tutto e per tutto dal Comune di Isola di Capo Rizzuto, ma è stato determinato dalla mancata assunzione di responsabilità di alcuni degli organi preposti”. Dunque, il Comune di Isola Capo Rizzuto e il sindaco Carolina Girasole, con quella mancata frangizollatura non c’entravano niente. Ma quei terreni lo stesso giorno vengono consegnati al Comune. Fatto rilevato anche dai giudici d’Appello: “la Prefettura, dopo l’infruttuoso tentativo di frangizollatura e un ordine di sospensione delle operazioni, non si sa bene ancora da chi impartito, aveva scelto la via di consegnare il terreno al Comune in tal modo demandando un problema che avrebbe dovuto risolvere prima”.
Ed è qui che i giudici d’Appello riconosco, invece, nel Comune di Isola Capo Rizzuto e nell’operato del sindaco Carolina Girasole un “deciso cambio di marcia da parte dell’amministrazione comunale a fronte dell’immobilismo colpevole registratosi fino ad allora da parte dagli organi periferici dello Stato”.
Il deciso cambio di marcia che governa sì il sindaco e quei pochi che erano rimasti al suo fianco, visto che la minaccia giornaliera era quella di far cadere la Giunta. Quei terreno devono essere sgomberati e allora si decide, anche su fortissime pressioni dell’opinione pubblica, di raccogliere i finocchi buoni e destinare il ricavato ai servizi sociali. E così avvenne, con tanto di prove e pezze giustificative.