Crotone,
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Crotone, fece abbattere bovini con tubercolosi del nipote del boss: veterinario Asp Giuseppe Gallucci assolto dalla Cassazione

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La sesta sezione della Corte di Cassazione ha assolto il medico veterinario dell’Asp di Crotone, Giuseppe Gallucci, (difeso dagli avvocati Luigi Morrone e Nuccio Barbuto) dal reato di interruzione di pubblico servizio, perché il fatto non sussiste.

Giuseppe Gallucci era stato condannato alla reclusione un mese dal Tribunale di Crotone il 27 settembre 2012. Pena confermata dalla Seconda Sezione Penale della Corte d’Appello di Catanzaro, nonostante la pubblica accusa ne avesse chiesto l’assoluzione.

Peppe Gallucci aveva rinunciato alla prescrizione, al contrario del coimputato Saverio Ferraro, condannato in primo grado a tre mesi per falso ideologico e interruzione di pubblico servizio, mentre nel 2017 la Corte d’Appello di Catanzaro aveva deciso il non luogo a procedere per avvenuta prescrizione.

La vicenda nasce da una denuncia contro l’Asp di Crotone del 2003 da parte di Nicola Arena, nipote omonimo dell’ex boss di Isola Capo Rizzuto, titolare di una azienda di bovini da latte. In occasione di una macellazione gli stessi furono riscontrati affetti da tubercolosi, cosa che portò all’abbattimento di 102 capi di allevamento.

Arena aveva chiesto un risarcimento danni da un milione di euro all’Asp di Crotone per il danno causato a suo dire dal dottor Saverio Ferraro che aveva certificato indenne da tubercolosi la sua stalla, licenziando alla libera vendita il latte infetto ad uso alimentare.

“Dal 2012 ad oggi nonostante la condanna Ferraro ha ricoperto il ruolo di direttore facente funzioni dell’Area A del servizio veterinario dell’Asp di Crotone ed ha partecipato alla selezione per dirigente, i cui risultati non sono stati ancora divulgati”. Questa circostanza è stata oggetto, ieri, di una interrogazione parlamentare della Senatrice Margherita Corrado del Movimento 5 Stelle.

Nei mesi scorsi, invece, la questione fu al vaglio della commissione regionale anti ‘ndrangheta presieduta da Arturo Bova.