Crotone,
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Gianni Amelio racconta la sua “Tenerezza” e confida: “Amo la gente di Calabria e adoro cicoria e patate con olio e peperoncino”

di Michela Bastone

Il regista di “Lamerica” e del “Ladro di bambini” si racconta a CrotoneNews. È impegnatissimo Gianni Amelio che sta promuovendo il suo nuovo film.

Il regista calabrese Gianni Amelio è tornato nel cinema da aprile con la pellicola “La tenerezza”. Il film è tratto dal romanzo di Lorenzo Marone “La tentazione di essere felici”; è ambientato a Napoli e racconta la storia di un anziano padre, Lorenzo, che la vita senza nessuna ragione ha reso burbero, specie con i suoi figli. Tutto cambia, quando nel suo palazzo arrivano Michela e Fabio una coppia del Nord, con due bambini. Lorenzo diventa loro amico ma soprattutto diventa docile, conciliante e tremendamente affettuoso; Fabio è un ingegnere, Michela è una forza della natura. Col suo modo di fare scioglie le durezze del vicino, gli “ruba” il terrazzo per raggiungere casa sua ogni volta che dimentica le chiavi, si fa dare lezioni di cucina.  In poco tempo Lorenzo diventa uno di famiglia, passa più tempo da loro che nel proprio studio, si diverte a giocare con i bambini, torna a un’allegria che sembrava perduta. La sua seconda casa, lui si innamora di questa famiglia e tutto gli pare ritornare alla giovinezza finché una sera, tornando a casa per cenare come al solito dai suoi vicini, Lorenzo trova una confusa, impressionante animazione nel palazzo. È successo qualcosa che sconvolgerà da quel momento l’esistenza di tutti…

Il cast è un cast d’eccezione: Giovanna Mezzogiorno, Micaela Ramazzotti, Renato Carpentieri, Elio Germano e Arturo Muselli.

 

Il suo nuovo film si intitola “La tenerezza”: cosa o chi l’ha ispirata per questo titolo?

“Mi piace molto questo titolo…. quando l’ho immaginato, ho sicuramente pensato ad un bisogno che abbiamo oggi: ossia quello di trovare uno spiraglio di speranza e calore in un mondo che sta diventando troppo oppressivo e ansiogeno. Oramai tendiamo a chiuderci. Il vivere la vita è diventato più difficile rispetto ad un tempo, sembra un controsenso ma una volta era tutto più semplice oggi è la diffidenza che sembra avere la meglio nei rapporti umani; la tenerezza diventa quasi un antidoto per andare incontro all’altro. Mentre giravo il film, avevo già scelto il titolo e lessi su un giornale le parole di Papa Francesco che parlava di tenerezza. Francesco dice che la tenerezza ci rende liberi, io aggiungo che la tenerezza ci rende liberi quindi più forti, un gesto quasi terapeutico poiché fa bene sia alla persona che lo riceve sia a chi lo fa. Ovviamente mi sono sentito inorgoglito, dal sentire parlare anche il Papa di tenerezza; Papa Francesco è la più grande voce del mondo cristiano, ma penso sia anche il più grande uomo politico di oggi.  Per me un titolo che dà speranza”.

 

Proporre quale alter ego Renato Carpentieri è stato come se volesse mettersi di fronte alla camera da presa?

“No, il personaggio non è autobiografico, anche se nel mio film c’è un protagonista che ha la mia stessa età, ha solo un tratto comune con me per via dell’età. I 70 anni sono un’età difficile, ma facilissima dall’altra, lo sa? Le spiego: da un lato si ha una maturità acquista nel tempo che ci rende forti e per molti versi ci rende migliori, ma c’è il rovescio della medaglia non si è più forti come un giovane e purtroppo molto cose non si riescono a far più”.

 

Nello sciogliersi di Lorenzo, possiamo scorgere il tipico carattere calabrese testardo che al momento opportuno si scioglie come neve al sole?

“Io sono un calabrese anomalo, ma dei calabresi ho conservato e conservo la qualità quale l’ostinazione di raggiungere una meta. Noi calabresi abbiamo davvero scalato le montagne, e lo abbiamo fatto con una tigna tutta nostra, che forse agli altri manca poiché sono nati privilegiati. Il protagonista nella parte buona mi assomiglia, mentre non mi assomiglia nella sua parte di chiusura verso i sentimenti. Io sono un uomo fortunato ho un bellissimo rapporto con mio figlio che mi ha reso nonno, ed altrettanto bello con i miei nipoti: la gioia di averli e di abbracciarli è identica a quella provata quando ho avuto mio figlio. Michela nel film dice: i figli grandi si amano in un altro modo ma si amano”.

 

I suoi protagonisti si chiamano Michela e Fabio, io mi chiamo Michela, mio marito Fabio.

…(ride), “Spero però che questa sia l’unica coincidenza. Coppia bella ma con caratteri diversi, ma alla fine scoprirete il perché…non voglio raccontarle di più perché dovrà andare a vederlo?”

 

Crede che la tenerezza possa essere la strategia per i rapporti umani?

“Penso che ognuno di noi abbia un dovere: fare il primo passo, non serbare rancore, non arroccarsi sulle proprie posizioni anche quando si sente di avere ragione; mai come in questo periodo storico abbiamo bisogno di tendere la mano all’altro a chi ha bisogno. Lo sa, io mi sono sempre sentito fortunato, anche se sono nato in un periodo di sofferenza per l’Italia, in cui si soffriva la fame, io stesso l’ho sofferta ma con ostinazione ho seguito le mie inclinazione e ho fatto e faccio il lavoro che ho sempre sognato ed ho cercato di trasmettere questi valori a mio figlio: il valore delle cose semplici come quello della tenerezza. Ringrazio la vita ed il destino, perché mi hanno ripagato: ho lottato come pochi possono lottare, per arrivare dove volevo, ma ce l’ho fatta”.

 

Cosa le piace della Calabria?

“A me ad esempio mi piace la gente di Calabria, io la conosco palmo a palmo la regione, ma mi piace soprattutto la gente: è una terra generosa abitata da un popolo altruista e ovunque vada, trovo sempre un calabrese che mi ricorda le mie origine”.

 

Quale cibo calabrese non ha dimenticato?

“Senza dubbio la cicoria con le patate schiacciate, condita con olio e peperoncino: era il cibo dei miei tempi, ma quando posso mi faccio mandare dalla Calabria la ‘nduja per mio figlio, lui adora trascorre le sue vacanze nel mare di Calabria”.