Crotone,
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Ma siete proprio sicuri che il problema siano i ragazzi?


C’è qualcosa che non torna nella gogna social contro un’intera generazione per un poco di spiaggia sporca a
S. Lorenzo. Come qualcosa non torna per uno stupro forse un poco alticcio in cui si leva il coro contro l’alcool che ne sarebbe la causa. Il social, la cloaca maxima cui fa un baffo anche quella di Tarquinio Prisco. Passa tutto da lì, la politica, il costume, a volte anche il bello, e chi non lo frequenta perde il polso di questa società. Ora, io lo so che l’aria che tira è quella, lo so che la prima mossa indispensabile di chi ci governa è stata la criminalizzazione dei rave party. Lo so che “il presidente” è femmina ma non vuole che si sappia se non quando deve fare ladonnamadrecristiana, lo so che il popolo è bue ed è una spugna che assorbe ogni indegnità. Però qua mi sa che siamo più realisti del re, come sempre.

No, non si può gridare allo scandalo per un poco di spiaggia imbrattata da qualche cicca e qualche lattina. Non ci si può indignare, proprio no. A me fa né più né meno che l’effetto di quelle tristissime commedie parrocchiali, sgangherate, insipide ma “edificanti”. Ne ho già scritto in post pubblici e non mi va di ripetermi, ma siete malinconici nella vostra invidia della gioventù, voi che siete di quella generazione metà della quale è passata per l’eroina e ci ha rimesso le penne. Voi, i borghesoni danarosi che hanno sniffato da giovani in discoteca e continuano ora nelle loro cenette esclusive.

Dei ragazzini che fanno ciò che è normale a quell’età non sono depravati né criminali, come non lo sono i loro genitori che nemmeno lo sanno. Eppure voi non avete tenerezza ma rabbia. E siete poco brillanti (stavolta si va d’eufemismo), perché in questo sputo di mondo le cose si sanno e c’è qualche quarantenne o giù di lì, danaroso ed annoiato ovviamente, maschio o femmina non importa, che si sballa alla grande mentre tu, mammina perfetta, fai lezioni di morale ai quindicenni. E parlate di repressione, ergastolo, galera, occhio per occhio dente per dente e pena di morte proprio voi, violenti cresciuti nella violenza, donne, anche madri, che oltre i cinquant’anni hanno accettato di essere menate daifratelli e dal padre padrone del quale continuano a proporre l’immagine fra il santo e l’eroe. Figuriamoci che ambiente… e questa gente si sente in grado di dare lezioni, nell’avvilente realtà distopica. Quanto avete stufato con le vostre battaglie da operatore ecologico, l’idea della politica da casalinga disperata e le vostre navi da crociera che risvegliano rimpianti da velinemancate. Ma dai, sempre le stesse cose, inutili e fatue. Ma per piacerefra voi c’è chi ha creduto che la politica fosse fatta di un vaffa e di scie chimiche, votate per clan e vi scambiate a rotazione i posticini al sole e ora ci propinate la saga della munnezza una puntata al giorno.In un paese disseminato di materassi con l’urina e di mobili rotti, di pattume in sacchetti crepati e lanciati dalle macchine, non sono i ragazzi che non funzionano.

E, dicevo, qualcosa non torna se di fronte ad uno stupro, le donne in primis, fanno finta di non capire e via di repressione, di multe per chi beve, e di solite banalità buone per ogni problema, le telecamere, le forche, i droni, le manette e tutta la serie di fesserie. Dai, per non farci mancare proprio nulla, perché non copiare il bellissimo proibizionismo USA degli anni ‘20 di un secolo fa?

Mai un approccio laterale ed analitico, mai il coraggio della democrazia. Donne violentate e femminicidi sono frutto della perversione subculturale di un’intera società, sono frutto anche delle donne che fanno finta di non capire e fanno le battaglie per la munnezza ed un poco d’alcool. La democrazia è faccenda complicata e sublime che richiede studio, pensiero e frequentazione, non la mannaia cavernicola della repressione che proponete ad ogni occasione. La democrazia, è concezione della mente articolata, non di quella basica e primordiale. Non di quella fascista, comunque ami definirsi.

Qualcosa non torna se chi ne avrebbe il potere, e si dichiara cattolico che di più non si può, non spende una parola per dei poveretti portati allo stremo perché disturbano “il decoro urbano”. Essere cristiani è una scelta di rottura, più dell’essere democratici. Ma per voi è solo il trampolino della vostra paramassoneria.

E non torna più di qualcosa se, di fronte ad una strage annunciata, promessa, coerente e dimostrata, per puro, sporco servilismo di parte, fate finta di prendervela con gli scafisti. Beati voi che riuscite a farvi le vostre costose spanzate di pesce nutrito da quel sangue ed i goduriosi bagni in quelle acque ancora calde della loro vita immolata. Magari siete di bocca buona, non ci pensate.

Come qualcosa non torna in un posto che della storia delle origini fa un business di medagliette, orecchini, statue e libri. Sempre sotto la direzione della solita squallida consorteria che ha messo il cappello su tutta la materia ed auspica il più cafone e megagalattico dei progetti con riproduzioni, colonne finte, effetti speciali, pepli, chitoni e opliti. La storia ridotta a carnevalata. L’uso, la vendita, la monetizzazione, la folklorizzazione della storia. Tutto questo è il più volgare dei delitti. Insisto sempre su queste cose, perché è l’occasione per esprimere il pensiero di buona parte della popolazione. Ed insisto perché certi, generalmente giovani, sono così ignoranti e fieri di esserlo, da chiamare tutto questo “identità”. Avrei voluto spiegarlo e parlarne con uno dei più convinti, ha rifiutato d’incontrarmi. È sempre così, se vuoi scuotere qualcuno dalle strumentalizzazioni di cui è oggetto, dalla sua incapacità di comprendere ciò che si esprime, gli togli le certezze cui è abbarbicato, ed allora ne ha paura. Ma io sono una madre ed una persona perbene, avrei solo voluto spiegare certe cose perché le spiegasse a sua volta a tutti gli altri.

La storia di un luogo è una cosa, e non è nemmeno la più grande o la più antica, l’identità è un’altra. E dovete impararlo e ripeterlo a memoria fino a comprenderne il senso. Altrimenti vi hanno imbrogliati.

Non potete con 8000 km di costa in Italia fotografare ogni giorno albe e tramonti sempre gli stessi, noiosissimi, e che sono ovunque, e pensare di fare identità. Non potete giocare col vostro nomesull’account fb e scriverlo in greco senza avere l’umiltà di andare almeno su Google a vedere com’è fatto un alfabeto greco, scambiando eta con ni e non imbroccando nemmeno il numero delle lettere che compongono il vostro nome e cognome. Tutto ciò è patetico, ignorante ed offensivo della storia: dalle mie parti diciamo “è gghiuta a fernì ‘ a pazziella mmane ‘e criature”. “Paìzo” in greco vuol dire giocare, così si comprende il senso.

L’identità non è la storia delle origini, non si eredita e tanto meno, una volta raggiunta, ci si campa di rendita. L’identità non è entità statica ma dialettica, si costruisce giorno per giorno ed ogni giorno. Essa è direttamente proporzionale allo spazio che si dà all’energia creativa ed intellettuale di un luogo, a chiunque esprima novità, originalità e frutto autentico di cultura. L’identità di un luogo la fanno gli artisti che hanno idee nuove e gli intellettuali, quelli veri. Purtroppo, siamo in un posto, e lo ripeterò con dolore fino alla noia, in cui c’è chi non è capace di comprendere un testo e chiama giornalaio o pennivendolo chi lo scrive. L’identità è l’umiltà faticosa della conoscenza. Ed è riconoscimento di chi esprime la forza culturale di una terra, ma qui viene ripagato con quattro spiccioli di miseria intellettuale. L’identità è fatta di cuori belli e menti lucide cui non si dà spazio, ce ne sono di artisti e persone colte di cui sono innamorata...ma voi pensate che tutto possa risiedere nella retorica della mancanza d’idee.

Troppe cose non tornano in questa terra che pure amo…mentre risuonano definitive le parole del Poeta: “…è venuto ormai il momento di negare
Tutto ciò che è falsità, le fedi fatte di abitudine e paura
Una politica che è solo far carriera
Il perbenismo interessato, la dignità fatta di vuoto
L’ipocrisia di chi sta sempre con la ragione e mai col torto
E’ un Dio che è morto…”

Ma che ve lo dico a fare.