Crotone,
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Lavori allo Scida e l’indignazione a orologeria

In termini calcistici si chiamerebbe autorete, mentre sul fallo da rigore si parla di danno procurato. L’associazione nazionale archeologi li commette entrambi nella stessa azione: autorete e rigore per danno procurato.
Chi mi conosce sa perfettamente che non sono un nemico della cultura e dell’archeologia, anzi semmai il contrario. Ma sono anche uno che va a fondo nelle cose e cerca sempre di fornire spiegazioni quanto più chiare possibili ai lettori. Questo è uno di quei casi in cui alcune cose vanno dette.
Partiamo dall’inizio, dalla presa di posizione del presidente dell’associazione nazionale archeologi Salvo Barrano che tuona contro i lavori allo stadio Ezio Scida.
L’impressione, però, è che sembra più una disputa con il Soprintendente Mario Pagano che un vero e proprio sentimento di amore verso l’archeologia crotonese e calabrese. Forse questa è una nuova chiave di lettura di quanto stia accadendo in queste settimane.
Intanto cominciamo col dire che una prima visita del Mibac, è avvenuta non più tardi di due settimane fa e che ogni giorno sul cantiere c’è almeno un addetto della Soprintendenza.
Detto questo mi preme sottolineare alcune cose nella ipotetica battaglia dell’Ana. Strano come sul sito dell’associazione se si effettua una ricerca con la parola Crotone, l’unica notizia che viene fuori è il comunicato di qualche giorno fa sui lavori dello Scida. Ora tutti i giornali si sono affrettati a riportare la lettera di Salvo Barrano, noi abbiamo fatto di più. Abbiamo cercato di capire quanto amore per i reperti archeologici di Crotone e della Calabria ci sia dietro questa presa di posizione. La stessa ricerca effettuata nel sito dell’Ana con le parole Sibari e Caulonia non ha dato, invece, nessuna risposta, nessuna notizia. Eppure il 29 gennaio del 2013 Antonio Iannicelli dell’Ansa scrive: “Apocalisse a Sibari. Sepolto dal fango il sito. Parco archeologico sommerso dalla piena del Crati. Sott’acqua i resti dell’antica polis del 720 a.C”. Abbiamo cercato qualche accorato appello dell’associazione nazionale archeologi, ma senza esito. Povera Sybaris.
Passiamo a Caulonia. L’11 marzo 2015 Caludia Procentese scrive su L’Espresso: “Caulonia, la città archeologica erosa dal mare. L’acropoli della colonia magnogreca viene saccheggiata sistematicamente dai tombaroli. E rischia di scomparire per colpa delle mareggiate. Nonostante i trentamila euro spesi dalla Provincia per la scogliera frangiflutti”. Ovviamente anche in questo caso abbiamo cercato la “dura” presa di posizione dell’associazione nazionale archeologi. Cercato e ricercato, ma ancora una volta senza nessun risultato. Povera Caulonia. Come diceva il buon Lubrano, la domanda nasce spontanea: dov’è stata fino ad oggi l’associazione nazionale archeologi? Perché non dice nulla sulla bonifica dell’Antica Kroton? Perché non una parola sulla strada di Discesa Fosso; sugli scavi nei pressi dell’ex sede de’ Il Crotonese; sugli scavi dell’ex Banca Popolare di Crotone; sul parcheggio davanti all’ex pronto soccorso; davanti all’Inps; davanti al centro commerciale di Fondo Gesù; della necropoli della Vecchia Carrara? Delle giostre e delle fiere ospitate sul piazzale dello stadio; dello spettacolo di enormi camion americani con le ruote giganti che per giorni hanno scorrazzato e sbattuto violentemente sullo stesso piazzale; dell’inesistente Parco archeologico di Capocolonna, delle case abusive che insistono nello stesso pseudo parco? Perché non si dice una parola sulla salvaguardia di Capocolonna che tra qualche decennio potrebbe essere sott’acqua. E quando il mondo potrà vedere un vero parco archeologico a Capocolonna? Vorrei ricordare a chi ha memoria corta che a Crotone è stato permesso, senza colpo ferire, di scavare un pozzo di estrazione del metano a poche centinaia di metri dall’unica colonna che resta del tempio di Hera. Quale credibilità può avere, dunque, una presa di posizione espressa “con sconcerto” se poi su tutta l’archeologia crotonese e calabrese non si dice una parola che sia una? E su tutto questo dove erano alcuni scienziati che ora passano il tempo a consumare le tastiere dei computer? Sono convinto che l’archeologia possa generare economia vera e un certo tipo di turismo, a patto che ci sia una seria programmazione di scavi e valorizzazione dei beni. L’indignazione a orologeria non mi ha mai convinto.

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