Crotone,
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E ora chiedete scusa a Carolina Girasole

Al centro Carolina Girasole; a destra il marito Franco Pugliese; a sinistra il suo legale Marcello Bombardiere

foto: Giuseppe Pipita

Ricordo bene quella mattina del 3 dicembre 2013. Ricordo il nostro smarrimento dopo la notizia dell’arresto di Carolina Girasole accusata di essere stata eletta nel 2008 sindaco di Isola Capo Rizzuto con i voti della ‘ndrangheta.

Ricordo di aver lottato contro me stesso, il giornalista da una parte, dall’altra il volontario di Libera, associazione che per anni ha collaborato col sindaco.

Le telefonate frenetiche con gli altri del coordinamento di Libera Crotone per capire cosa stava accadendo. Lo stupore nel pensare che davvero non avevamo capito niente in tutto quel tempo?

E allora perché Carolina Girasole avrebbe voluto la vicinanza di Libera? Perché avrebbe fatto di tutto, anche rischiare di essere mandata a casa pur di assegnare ad una cooperativa di giovani i terreni confiscati alla famiglia Arena?

Lo avrebbe fatto solo per una parvenza di legalità? Possibile che non avevamo capito davvero con chi avevamo a che fare? A queste latitudini chi fa questo mestiere seriamente e con scrupolo conosce se non tutti quasi, conosce dinamiche, movimenti, persone, anche gli insospettabili in giacca e cravatta che nel mondo di sopra sono professionisti, nel mondo di sotto si arricchiscono con metodi molto discutibili e nel mondo di mezzo fanno il gioco delle tre carte.

Quella mattina ci sentimmo tutti disorientati. Cosa che per fortuna durò poco. Perché noi che conoscevamo bene Carolina Girasole e il suo operato di sindaco i dubbi li abbiamo messi subito da parte. Impossibile non essersi accorti di nulla. Impossibile sia riuscita a fingere così bene e a lungo. E poi ci bastò leggere le carte che l’accusavano per renderci conto che quel castello di sabbia sarebbe crollato al primo soffio di vento.

Ma quella mattina del 3 dicembre 2013 ci fu chi esultò o addirittura brindò.

Ci fu chi tra i miei colleghi giornalisti aveva già celebrato il processo e condannato Carolina Girasole. Ci fu e c’è stato chi fino alla fine ha scritto e passato solo le veline della Procura senza preoccuparsi minimamente di cosa dicevano le difese di Girasole.

C’è chi ha scritto con la penna intrisa nel veleno stando comodamente seduto a chilometri di distanza e non avendo mai nemmeno messo piede nel Crotonese.

Soprattutto c’è stata una famiglia agli arresti domiciliari per 162 giorni. Una donna e un uomo che hanno dovuto lottare sei anni prima di vedersi riconosciuta la loro piena innocenza in una vicenda che resta ancora torbida.

Questa notte questa famiglia, dopo sei anni, per la prima volta ha dormito più leggera, o forse, semplicemente è riuscita a dormire. Nessuno potrà mai restituire nemmeno una sola ora passata agli arresti a Carolina Girasole e alla sua famiglia.

Nessuno potrà restituirle la serenità, ma è arrivato il momento che le venga restituita la dignità di politica e di grande spessore che ha sempre avuto.

Anche chi l’ha eretta a paladina dell’antimafia per poi gettarla nella spazzatura, come le marionette di Cosa sono le nuvole? di Pier Paolo Pasolini.

Adesso potreste anche chiedere scusa, ma non servirà a niente, potreste provare vergogna, ma anche questo non servirà a restituire a Carolina quello che ha perso. E quello che ha perso glielo abbiamo rubato noi, tutti.