Crotone,
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Abramo CC, il fallimento delle classi dirigenti crotonesi: zero programmazione per lo sviluppo economico e sociale

Prima o poi doveva succedere che i nodi venissero al pettine. Prima o poi si sarebbe raggiunto il punto di rottura e chissà se ce ne rendiamo conto.

Le preoccupazioni dei dipendenti per una eventuale chiusura per fallimento della Abramo Customer Care di Crotone, altro non sono che il fallimento totale della politica e di tutta la classe dirigente crotonese che si è succeduta dal 1997.

Una classe dirigente che per decenni si è cullata sul nulla, perché del nulla sono professionisti. Nessuno, nessuno, nessuno che si sia mai posto il problema Crotone oltre le fabbriche. La chiusura delle grandi industrie avevano di fatto messo in ginocchio l’economia più florida e garantita della Calabria.

È stato così per decenni, fino agli inizi degli anni Novanta. Poi i licenziamenti, la chiusura delle fabbriche, l’alluvione del 1996 e la Datel. Quella che Prodi si impegnò a portare a Crotone, proprio all’indomani di quella maledetta alluvione. Parola mantenuta, grazie anche alle grosse commesse che quel Governo dirottò sull’azienda dei fratelli Abramo.

Ma dalla chiusura delle fabbriche ad oggi quale classe dirigente, quale parte politica ha immaginato e programmato il futuro economico e di sviluppo sociale di Crotone e dei crotonesi? Nessuna, nessuna, nessuna.

E attenzione, perché quando si parla di classe dirigente non si fa semplicemente riferimento alle vari Amministrazioni che si sono succedute, ma dentro ci vanno anche i sindacati, le grandi organizzazioni di categoria degli industriali (?), del commercio, tutti coloro che si sarebbero dovuti sedere a un tavolo e programmare il futuro di questo territorio. Di cosa dovevano  e devono vivere i crotonesi: agricoltura, turismo, archeologia, cultura, terziario, pesca? Nessuno che abbia programmato un bel niente e ora ci troviamo con l’unico polmone occupazionale che rischia di chiudere e con centinaia di famiglie che la notte non dormono più.

Una situazione già vista, già vissuta.

Nessuna Amministrazione ha pensato a garantire i livelli occupazionali e lo sviluppo economico, sociale e culturale di Crotone. Ci si è limitati a governare per i propri tornaconti, che fossero uno stipendio garantito per 5 anni (per alcuni anche 10 anni), i finanziamenti da dividere tra gli amici oppure lo sviluppo della propria azienda. E in questo ci devono per forza entrare anche coloro che hanno avuto ruoli a qualsiasi livello locale, regionale, nazionale.

Oggi ci accorgiamo (troppo tardi) che i crotonesi non sanno di cosa vivere. Prima erano tutti operai, ora sono tutti dipendenti da call center (fior fiori di laureati che pur di sopravvivere e rimanere in questa terra hanno messo da parte anni di studi). E gli imprenditori? Dove sono gli imprenditori, gli industriali crotonesi? Dove sono i politici e i sindacalisti che con gli Abramo andavano a braccetto per sistemare questo o quel parente, amico, nipote ecc.

Ora ci accorgiamo che non sappiamo di cosa vivere non tra dieci anni, ma domani. Dopo la chiusura delle fabbriche a Crotone è stata apparecchiata la tavola per gente senza scrupoli: autoctoni e forestieri, che hanno usato i finanziamenti destinati alla crescita economica di questa terra per ingrassare il loro porco da ammazzare a Natale, ogni Natale. E gli altri costretti ad accontentarsi delle briciole oppure conniventi e consenzienti pur di mangiare le briciole, purché si mangi, come facevano i Picari della letteratura spagnola.

Grazie a tutti, a tutti coloro che di questa terra hanno spolpata fino all’osso e che hanno così consentito l’emorragia di validi crotonesi che arricchiscono altri territori, mentre noi restiamo sempre più poveri economicamente e culturalmente.

Grazie per aver programmato lo zero assoluto per l’economia e lo sviluppo di questa terra.

Si avvicina Natale, preparate l’ennesimo porco da squarciare per mangiare la sua carne e bere il suo sangue.

Tanto per voi Natale arriva sempre.